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venerdì 3 maggio 2013

Dermatite Atopica Cura

La dermatite atopica (DA) è una malattia probabilmente sempre esistita, già descritta da Svetonio durante l’impero di Ottaviano Augusto. Coca e Cooke nel 1923 coniarono il termine di “atopia” ma fu Pepys nel 1975 che definì l’atopia come una tendenza costituzionale a produrre anticorpi IgE contro allergeni comuni presenti nell’ambiente.

La dermatite atopica è una malattia infiammatoria cronica della cute di tipo eczematoso intensamente pruriginosa, che si caratterizza per iperreattività cutanea a stimoli ambientali, ad eziopatogenesi multifattoriale e nella quale è frequente il riscontro di elevati livelli sierici di IgE. I soggetti con DA presentano una spiccata familiarità per atopia nonché un’elevata incidenza di patologie respiratorie allergiche. Si tratta di una patologia molto comune, la cui incidenza ha subito un progressivo incremento dalla seconda metà del secolo scorso, tanto da costituire uno dei principali problemi di salute pubblica, se si tiene conto che nei Paesi dell’Europa dell’ovest ed in generale nei paesi industrializzati, colpisce oltre il 20% dei bambini in età pre-scolare (dermatite atopica bambini), con insorgenza prima dei 5 anni e con una lieve predominanza nel sesso femminile. Sebbene la prevalenza della DA subisca un progressivo decremento durante l’adolescenza, essa può persistere o addirittura comparire in età adulta (dermatite atopica adulti), tanto da avere una prevalenza del 1-3% in questa fascia di età. L’importanza della DA deriva anche dal fatto che sebbene in oltre l’80% dei casi abbia un decorso clinico lieve, nella restante parte dei casi si esprime in maniera moderato-severa tanto da richiedere un trattamento terapico sistemico. È facile comprendere come la DA, soprattutto nelle forme più severe, a causa dell’intensa sintomatologia pruriginosa, sia una delle malattie in grado di compromettere maggiormente la qualità di vita dei pazienti, sia per la perdita delle ore di sonno e della capacità di concentrazione durante lo studio o il lavoro e sia per comparsa del senso della perdita di autostima fino a quadri di franca depressione con compromissione della vita di relazione familiare e sociale. Da quanto sopra ne deriva un importante costo sociale sia diretto che indiretto.

 
Aspetti clinici

Le manifestazioni cliniche della DA sono tipiche e variano in relazione all’età del paziente. Nell’età infantile è presente un’eruzione a carattere essudativo con abbondante secrezione e formazione di croste sierose, rossore cutaneo, principalmente localizzati al volto, al cuoio capelluto, al collo, nelle pieghe retroauricolari, agli avambracci, ai polsi e nella regione del pannolino.
Nei bambini in età prescolare e scolare l’eczema assume un aspetto di maggiore secchezza e tendenzialmente lichenificato con prevalente localizzazione alle pieghe dei gomiti e delle ginocchia. La cute interessata appare ispessita, secca, facilmente irritabile e sono evidenti le lesioni da grattamento. Spesso il volto di questi bambini appare pallido. Nei soggetti adulti la DA esprime caratteristiche simili con cute secca, eritematosa, lichenificata, ispessita tanto da assumere un aspetto simile al “cuoio”. Deve essere ricordato che i soggetti affetti da DA presentano comunque in tutte le fasi della malattia una cute estremamente irritabile anche nelle fasi di apparente remissione clinica. Il realizzarsi di una flogosi cutanea correla direttamente all’insorgenza della iperreattività cutanea stessa che, sotto l’influenza anche di fattori aspecifici (irritanti, colonizzazioni batteriche da staphylococchi, fattori emotivi con liberazione locale di neuropeptidi, variazioni termiche, etc.), determina un’amplificazione delle manifestazioni della DA.
Dal punto di vista clinico deve essere ricordato che la DA può associarsi ad altri segni e quadri specifici quali la cheratosi pilare, l’ittiosi volgare, la piega della palpebra inferiore o segno di Dennie-Morgan, la pitiriasi alba, la cheilite angolare, il lichen simplex cronico e la prurigo nodulare. La predisposizione alle infezioni si correla al difetto delle risposte immunitarie innate per ridotti livelli di peptidi antimicrobici quali le defensine e rende ragione dell’elevata incidenza di infezioni batteriche (impetiginizzazione da stafilococchi), virali (mollusco contagioso, verruche piane; gravi forme di herpes esantematico), fungine, come nelle forme da Malassezia furfur con localizzazione al collo e cuoio capelluto.
Dal punto di vista clinico generale, la DA presenta un andamento tipicamente cronico con periodi di remissione, frequenti nel periodo estivo, alternati a fasi di riacutizzazione.
È noto come la dermatite atopica si associ in oltre il 50% dei casi a malattie allergiche respiratorie quali asma e rinite e come questa preceda anche di anni la loro insorgenza. Ne deriva che la malattia cutanea sia da considerare “un segno di allarme” che deve indurre a porre in atto tutte le strategie di prevenzione per impedire, o comunque limitare, l’evoluzione naturale dell’atopia. Ciò appare ancora più importante se si tiene conto che l’allergia alimentare soprattutto nei confronti di latte, uovo, arachidi e soia insorge precocemente nei bambini affetti da DA di grado moderato-severo.

Etiopatogenesi

Nei riguardi degli aspetti patogenetici della DA, negli ultimi anni sono state ottenute importanti nuove acquisizioni, sebbene ancora oggi rimane da definire l’esatta sequenza degli eventi primari. È certamente definito che fattori genetici ed ambientali agiscono in stretta cooperazione nel determinare le alterazioni della barriera epidermica nonché la preferenziale risposta adattativa immune di tipo Th2 propria di questi pazienti nei confronti degli allergeni ambientali.
La predisposizione genetica e la tendenza ad esprimere la malattia non sembrano essere proprie della DA ma piuttosto dello stato atopico generale, soprattutto per le malattie respiratorie allergiche. Analisi genetiche volte ad identificare tra i molteplici loci cromosomici quello responsabile della DA, hanno portato alla identificazione di geni coinvolti quali quello dell’IL-13, il gene della chimasi mastocitaria e più recentemente quello che codifica per la filaggrina e per gli inibitori delle proteasi quali SPINK5.
La alterata funzione barriera della cute propria della DA, è responsabile di un’elevata perdita trans dermica di acqua con conseguente basso grado di idratazione della superficie cutanea. La funzione di barriera dell’epidermide è del resto garantita dalla combinazione di varie proteine del citoscheletro dei cheratinociti quali la filaggrina, la involucrina, la loricrina nonché dai lipidi intercellulari noti come ceramidi e da un pool di proteasi epidermiche. Queste diverse componenti contribuiscono alla corretta funzione che può risultare alterata anche per un difetto di ciascuna di esse. A tale proposito deve essere ricordato come nei soggetti con DA siano stati descritti difetti per mutazione genica della filaggrina, deficienza di ceramidi e un’alterata attività delle proteasi dello strato corneo. Recentemente è stato dimostrato come in soggetti con DA, indipendentemente dal difetto genetico, l’iperproduzione a livello cutaneo di citochine Th2 quali IL-4 ed IL-13 sia capace di ridurre l’espressione di filaggrina. Del resto, fattori acquisiti quali il trauma conseguente al grattamento, il prolungato contatto con l’acqua, l’uso di detergenti che non rispettino il pH della cute, l’azione di proteasi di origine microbica o derivati da allergeni, contribuiscono ad amplificare il danno della barriera epidermica. Le correlazioni tra difetto di barriera e meccanismi patogenetici appaiono evidenti se si considera come tale alterazione favorisca di per sé una flogosi cutanea ed al tempo stesso il passaggio di sostanze irritanti e soprattutto di proteine capaci di indurre, in soggetti geneticamente predisposti, una sensibilizzazione allergica e una risposta cellulare di tipo Th2 propria della DA. Dal punto di vista dei meccanismi immunologici alla base della malattia, è ampiamente dimostrato una varietà di cellule partecipi al processo che conduce alla flogosi cutanea.
Alterazioni della funzione delle cellule dendritiche, che esprimono la propria attività sia come cellule dell’immunità innata nella difesa verso gli agenti infettivi sia nell’immunità adattativa essendo deputate alla presentazione degli antigeni ai linfociti T e quindi alla loro attivazione, sono dimostrate e correlate con una ridotta produzione di IL-12 e TNF-α. La ridotta produzione di queste citochine favorisce in maniera indiretta l’espansione di linfociti Th2 propria dei soggetti con DA.
Recentemente nella DA è emerso il ruolo patogenetico di altre citochine prodotte sempre dai linfociti Th2, quali l’IL-31. Questa citochina si è dimostrata capace di indurre prurito in maniera diretta ed indipendente dalla degranulazione mastocitaria. Ciò rende ragione dell’osservazione clinica che il prurito in corso di DA è spesso insensibile all’effetto dei farmaci anti-istaminici.
Tuttavia, mentre l’espansione di cellule con profilo Th2 appare ben evidente nelle fasi acute della malattia, nelle fasi di cronicizzazione risulta più evidente un profilo di tipo Th1 oltre che di tipo Th17.
Dal punto di vista istologico le lesioni acute dimostrano un’iperplasia dell’epidermide con edema intercellulare e formazione di vescicole ed un infiltrato dermico costituito da linfociti, eosinofili e macrofagi.
Nelle lesioni croniche prevale la lichenificazione con ipercheratosi e minor infiltrato epidermico. Sebbene un’esaltata risposta IgE sia frequente in soggetti affetti da DA, dati recenti suggeriscono che le reazioni infiammatorie IgE-dipendenti sono solo coinvolte in una parte dei più complessi meccanismi immunologici alla base della malattia nei quali i linfociti T svolgono un ruolo centrale. Infatti, allergeni ricombinanti dotati solo di epitopi T ma non epitopi riconosciuti dalle IgE, sono capaci di indurre una flogosi cutanea cronica in soggetti affetti da DA. Quanto sopra è del resto in accordo con le osservazioni cliniche che dimostrano come una quota considerevole di pazienti presenti normali livelli di IgE sieriche ed assenza di IgE specifiche sia per alimenti che inalanti. L’esistenza di forme IgE positive o negative ha condotto, come per l’asma bronchiale, alla suddivisione classificativa della DA in estrinseco o intrinseco rispettivamente. Tuttavia, tale distinzione deve essere attentamente ponderata se si tiene conto che oltre il 50% dei bambini affetti da DA cosiddetto intrinseco, sviluppa sensibilizzazioni allergiche in fasi successive.
Un altro aspetto importante sembra essere quello relativo ad una risposta autoimmune IgE-mediata nella DA, soprattutto nei soggetti in cui la malattia compare precocemente e nei polisensibili anche se la sua rilevanza patofisiologia non è ancora del tutto chiara.

Diagnosi

La diagnosi di DA generalmente non presenta problemi ed è basata sulla presenza di 3 criteri maggiori (familiarità atopica; prurito associato a lichenificazione o eczema in sedi tipiche per l’età; positività per allergeni documentata con prove cutanee o mediante ricerca di IgE sieriche specifiche; associazione con allergie respiratorie, ittiosi; decorso continuo recidivante con miglioramento estivo; cute secca e prurito alla sudorazione; risposta paradossa a test di reattività vascolare indotto meccanicamente e farmacologicamente) o 2 criteri maggiori e 1 criterio minore (inizio precoce; segni cutanei generali: segno di Hertoghe, pallore al volto, ruga infraorbitale; storia
di intolleranza ad alimenti o farmaci e ridotta reattività cutanea a virus e batteri; associazione con sintomi gastroenterici; decorso influenzato da fattori ambientali, infettivi, emotivi; ipersensibilità a solventi dei grassi, a lana; eosinofilia ematica). La diagnosi differenziale si può talvolta porre con la dermatite seborroica e la scabbia nel bambino e con la dermatite seborroica e la dermatite eczematosa da contatto nell’adulto. Associazioni cliniche piuttosto che condizioni che pongono problemi di diagnosi differenziale sono considerate il linfoma cutaneo, la psoriasi, alcune patologie autoimmuni sistemiche (Lupus eritematoso sistemico, dermatomiosite) e la sindrome di Netherton.
Per quanto concerne la severità della DA, sono stati proposti criteri basati sull’estensione delle tipiche lesioni espressione clinica della malattia (eritema/papule acute; essudazione/croste; papule croniche/ noduli/lichenificazione; estensione eruzione), suddividendo la superficie corporea in 5 aree (testa/collo; regione anteriore tronco; regione posteriore tronco; arti superiori; arti inferiori). Sulla base della gravità viene attribuito un punteggio 0 (assente), 1 (lieve), 2 (moderato), 3 (grave) che determina lo score totale di attività della malattia.